Da net carbon emitter a net carbon sink
Il settore agroalimentare genera oltre un quarto delle emissioni globali di gas serra, contribuendo significativamente agli sconvolgimenti in atto nei complessi ecosistemi naturali che regolano clima, biodiversità e sicurezza alimentare. Nonostante negli ultimi decenni l’attenzione della comunità globale si sia focalizzata molto sull’inadeguatezza e la vulnerabilità del nostro sistema alimentare, l’agroalimentare presenta ancora evidenti criticità che lo rendono uno dei settori chiave su cui intervenire per affrontare le crisi in corso.
A differenza di altri settori, l’agroalimentare ha la capacità di passare dall’essere uno dei maggiori emettitori di gas serra a settore chiave per la decarbonizzazione, diventando un importante serbatoio per catturare e sequestrare le emissioni, potendo di fatto assorbire dall’atmosfera più gas serra di quanto ne rilascia. Sfruttare questo enorme potenziale diventa dunque priorità per le aziende dell’agroalimentare, allontanandosi dal business-as-usual e adottando approcci più lungimiranti.
La filiera complessa e altamente impattante dell’agrifood si presta a molteplici interventi di riduzione come miglioramenti nella gestione della plastica e packaging sostenibile, passaggio a energie rinnovabili e investimenti in approcci innovativi di agricoltura rigenerativa. Tutte queste azioni devono essere integrate in una strategia climatica di medio-lungo periodo, che apporti valore al core business e ne aumenti la competitività. Carbonsink, da Gennaio 2022 parte di South Pole, con cui forma il più grande gruppo al mondo per soluzioni e progetti di riduzione delle emissioni climatiche, suggerisce una roadmap per le aziende dell’agroalimentare che intendono incamminarsi lungo questo percorso, che include misurazione carbon footprint, definizione di target basati sulla scienza, riduzione emissioni, compensazione attraverso crediti di carbonio certificati e comunicazione.