Strategie climatiche net-zero e obiettivi science-based sono sempre più richiesti e diffusi. Avere un piano per il clima ambizioso è sempre più importante per settore privato. Per poter puntare in alto è fondamentale partire da solide basi, ovvero da un robusto e completo inventario GHG (carbon footprint) che guardi all’intera value chain.
Nel 2021 l’attenzione mediatica per i cambiamenti climatici a livello globale è stata la più alta degli ultimi 18 anni. Gli impegni per il clima di Stati, organizzazioni e aziende sono in costante crescita. Alla COP26 di Glasgow, l’iniziativa Science Based Target (SBTi) ha lanciato il primo standard internazionale per definire un obiettivo aziendale di emissioni nette zero in linea con la scienza e con gli Accordi di Parigi. Sette aziende hanno validato il target net-zero durante la fase pilota. Centinaia si sono impegnate a definirne uno, con importanti implicazioni per le catene di fornitura globali.
Il 2022 è l’anno in cui l’integrità delle strategie climatiche arriva sotto i riflettori e l’attenzione si sposta dalla quantità alla qualità degli impegni. A COP26 il Segretario Generale ONU Guterres ha annunciato la formazione di gruppo di esperti di alto livello per analizzare gli impegni del settore privato verso net-zero. E non si tratta di un trend passeggero. Per esempio l’iniziativa Race to Zero rivede annualmente i criteri minimi per stabilire la robustezza degli impegni annunciati.
Fiducia e credibilità sono fondamentali in questa fase di decollo della transizione. Per le aziende, questo significa anche monitorare e comunicare i propri impatti e obiettivi climatici con la stessa serietà riservata ai propri risultati finanziari. Quindi, come progettare una strategia climatica in linea con gli standard internazionali, coerente con l’ambizione necessaria, rigorosa e trasparente?
Il percorso di decarbonizzazione si riassume in cinque fasi, valide per qualsiasi settore: misurare le emissioni e comprendere i rischi climatici, definire il target e gli step per raggiungerlo, implementare azioni di riduzione delle emissioni (anche nella supply chain), bilanciare le emissioni residue finanziando l’azione per il clima e lo sviluppo sostenibile, comunicare gli impegni e coinvolgere gli stakeholder.
Avere un inventario robusto delle emissioni, su cui fondare gli step successivi, non è banale. Dalle nostre analisi, la quasi totalità delle principali aziende italiane misura e rendiconta le emissioni dirette e quelle relative all’uso di energia, ovvero Scope 1 e 2 (si veda il report “La percezione del rischio climatico delle società quotate al FTSE MIB e FTSE Italia Mid Cap”, Carbonsink/FEEM 2021). Molto diverso il panorama delle emissioni indirette generate upstream and downstream lungo l’intera catena del valore, ovvero le emissioni Scope 3. Per molti settori, queste sono la più grande sfida verso net-zero e rappresentano una quantità importante di emissioni ancora non rendicontate. Si stima che, in media, le emissioni Scope 3 ammontino a 11 volte le emissioni operative.
Il calcolo delle Scope 3 può risultare complesso a causa di diversi fattori, per esempio la scarsa reperibilità di dati e le molteplici modalità di raccolta delle informazioni. Per questo Carbonsink ha sviluppato un approccio innovativo, personalizzabile in base ai dati di partenza e agli obiettivi dell’organizzazione. Un approccio tailor-made permette di adottare i metodi di calcolo più idonei (per esempio, tra spend-based o phisycal data) e di favorire il coinvolgimento e la valorizzazione dei fornitori.
Inoltre, costruire un buon inventario non significa solo misurazione. Definire un target implica anche che le successive azioni di riduzione dovranno essere riflesse nell’inventario, per poterne monitorare gli impatti e valutare la coerenza della strategia rispetto agli obiettivi. Soprattutto per le Scope 3, questo passaggio richiede un lavoro non scontato di progettazione, che permette all’azienda di costruire la propria strategia climatica su solide basi e cogliere importanti opportunità nel percorso verso net-zero.
Articolo pubblicato su:
N° 7 – MARZO 2022 di ESG Business Review di ETicaNews